lunedì 22 aprile 2013

  «Danny. Aspetta un momento, piccola.»
  Fu il modo in cui pronunciai l'ultima parola. Un modo in cui non avrei mai pensato di poterla dire. A lei. Si irrigidì, un piede su uno scalino, un piede su un altro,  i calzoncini tesi sulle cosce. Poi... poi mosse la testa e mi guardò da sopra la spalla.
  «Co... cosa?» balbettò. «Come mi hai chiam... cosa hai detto?»
  «Niente» dissi. «Immagino che... Niente.»

  «Dimmi, Rags. Dimmi che cosa vuoi.»
  «Voglio» accennai. «Voglio...» 
  L'impossibile, ecco cosa volevo. Il non esistente. Quello che non sarebbe mai stato. Lo volevo e non lo volevo, perché una volta che l'avessi ottenuto non avrei avuto più nulla per cui vivere.
  «Voglio che tu mi tolga quel culo dalla faccia» le dissi. «E in fretta. Prima che te lo rompa a calci.»

(Jim Thompson, Vita da niente, 1957) 

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