domenica 3 febbraio 2013

  Naturalmente ero completamente distrutto quando uscii dalle loro grinfie. Quando alzai la testa, dopo aver firmato le mie "dichiarazioni", tutta la stanza iniziò a girare, portando con sé in una danza infernale gli ispettori e i loro visi scuri. Per un pelo non svenni. Mi rianimarono con pacche sulla schiena e un bicchierino di rum. Questa volta mi offrirono una sigaretta.
  «Riposati» dissero uscendo dalla stanza dove lasciarono solo un giovane sbirro. Dalla tasca di quell'idiota spuntava un giornale che recava un grosso titolo: "L'ONU e il rispetto della persona umana".
  Cascava talmente a puntino che mi misi a ridere. Chiesi il giornale allo sbirro, che era pieno di premure ora che le danze si erano chiuse, e l'avevo appena aperto quando la squadra di pugili rientrò precipitosamente e mi accerchiò. Erano accompagnati da due fotografi della stampa che mi assaltarono subito.
  Quei poliziotti erano tutti fieri all'idea che presto la loro foto sarebbe stata pubblicata, fissandoli per l'eternità in quella posa gloriosa: sei marcantoni attorno a un povero tizio spappolato dai ceffoni e pieno di sangue.
  Per quello che mi riguarda, dovevo avere uno strano grugno, con la barba, gli occhi gonfi, e i vestiti in disordine, uno di quei grugni che fanno dire al lettore ingenuo: "Ah! Ha proprio una faccia da assassino". Una faccia da assassino? Ma la si costruisce, signori!

(André Héléna, Gli sbirri hanno sempre ragione, 1948)